Lo studio di Fidas a cura di Simone Benedetto, giovane donatore laureato in medicina

Articolo a cura di Giancarlo Liviano D’Arcangelo – www.buonsangue.net

 

Che tipo di risorsa possono essere, i cittadini migranti, per il sistema sangue?

Il tema comincia a diventare di rilievo, e non di rado, in molti degli ultimi convegni ai quali Buonsangue ha partecipato, personalità importanti dell’universo sangue in Italia come il presidente uscente di Avis Nazionale Vincenzo Saturni, si sono espressi senza mezzi termini considerando le nuove famiglie di immigrati con i figli nati in Italia, come un possibile serbatoio futuro per nuovi donatori.

Sullo stesso tema, di recente, abbiamo stimolato di recente anche il nuovo presidente di Avis nazionale Alberto Argentoni http://www.buonsangue.net/interviste/alberto-argentoni-migliorare-la-raccolta/, che in assoluta continuità con il suo predecessore ci ha parlato di dono come fatto simbolico per l’integrazione e di rispetto di alcuni standard di sicurezza.

Uno studio più scientifico sul fenomeno arriva da Fidas: Simone Benedetto, giovane donatore Fidas laureato in medicina, ha di recente indagato gli scenari del dono dei cittadini migranti partendo da basi mediche, analizzando cioè le caratteristiche dei gruppi sanguigni dei cittadini stranieri.

Che cosa è emerso dal suo studio?

Primo punto chiave: non esistono nel mondo altri gruppi sanguigni diversi dai quattro che ci sono familiari, A, B, AB e 0, a testimonianza che il sangue ha sempre lo stesso colore in ogni parte del pianeta. Ciò che può cambiare, semmai, è la ripartizione dei gruppi sanguigni stessi (Fig.1), come si può vedere in figura 1, con la logica conseguenza, secondo Benedetto, che con l’aumento della popolazione straniera in Italia dovranno aumentare anche i donatori stranieri, in modo da salvaguardare un delicato equilibrio percentuale di gruppi sanguigni.

Il dato Italiano espresso dallo studio di Benedetto, in quest’ottica, è buono ma migliorabile: “È stimato che la popolazione straniera donante si attesta tra il 4 e il 5%, a fronte di una popolazione straniera residente che incide invece per l’8,3% (5.540.000, dato ISTAT 2014).”

Altro importante problema espresso da questo studio è di natura specificatamente tecnica: un articolo scientifico molto approfondito del 2014 studia alcuni soggetti con combinazioni genetiche particolari, denominate “missing minorities”. Ecco chi sono, direttamente dall’articolo di Benedetto: “I soggetti appartenenti a queste missing minorities, pur risultando di un determinato gruppo sanguigno, possiedono caratteristiche tali da non poter essere trasfusi da una normale sacca dello stesso gruppo, in quanto la loro particolare composizione genetica genera problemi di compatibilità. (…) Se, come abbiamo visto precedentemente, i gruppi AB0 con minore incidenza potrebbero essere di difficile reperibilità, un allarme ancora maggiore è dovuto alle missing minorities, che, essendo dei casi estremamente rari, saranno ancora più difficili da reperire in una popolazione circoscritta e con un minor tasso di donazione come è quella degli immigrati. Anche per questo motivo la sensibilizzazione degli stranieri al dono aiuterebbe a trovare più soggetti appartenenti a missing minorities in modo da poter soddisfare il diritto alla salute di chi purtroppo non può ricevere le normali sacche di sangue”.

Un maggiore coinvolgimento dei donatori stranieri, dunque, è assolutamente auspicabile, magari attraverso campagne pubblicitarie sull’importanza del dono dei  migranti create ad hoc e capaci di incidere sui giovani figli di immigrati ormai stabiliti in modo definitivo in Italia. Senza però rinunciare, va da sé, agli altissimi standard di sicurezza pretesi e praticati nel nostro paese. A tal proposito scrive Benedetto: “Un altro ostacolo sono le malattie infettive: alcune di queste (in particolare malaria, sifilide, lebbra, leishmaniosi, tripanosomiasi, HIV ed epatite B e C) sono incompatibili con la donazione del sangue e molto frequenti in alcuni Paesi del mondo, è quindi necessario che la persona che si avvicina al dono non abbia mai contratto queste malattie in passato. Allo stesso modo i viaggi all’estero comportano un’interdizione temporanea alla donazione da 4 a 6 mesi, gli immigrati che tornano regolarmente a trovare i parenti possono non presentare finestre temporali disponibili alla donazione”.

Come affrontare tali problemi in modo costruttivo? Attraverso l’organizzazione efficiente del sistema e un adeguato supporto informativo, che possa portare a donare solo migranti effettivamente idonei. Efficienza e buona informazione dunque, mezzi cruciali a supporto di una risorsa futura troppo importante per non essere preservata in tutti i modi possibili.

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